La storia e la mitologia parlano molto dei cosiddetti Campi Flegrei, eppure non tutti sanno cosa siano o dove si trovino.
Possiamo cominciare col dire che con Campi Flegrei si intende un territorio con dei confini non tanto definiti nello spazio, bensì nella storia. Geograficamente i Campi Flegrei si estendono nell’area interessata dai comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto, ma anche fino alle isole Flegree (Ischia, Procida) e Napoli (nello specifico dei quartieri di Agnano e Bagnoli).
L’etimologia dei Campi Flegrei ci rimanda al greco, con phlégra che significa “ardente, che brucia”, per avere quindi “Campi Ardenti”: ciò a causa della natura violenta di tali luoghi, scossi periodicamente da sismi ed eruzioni, che da sempre hanno modificato i luoghi e continuano a farlo cancellando di volta in volta le tracce del passato. Basta osservare una cartina satellitare per capire che i Campi Flegrei con isole e golfi sono composti prevalentemente da crateri vulcanici, con età che vanno da decine di migliaia di anni fa fino a quasi cinquecento anni fa, con l’eruzione / formazione del Monte Nuovo presso l’attuale Lucrino.
I Campi Flegrei nel Mito
Già dalle prime colonizzazioni greche che hanno testimoniato la realtà di questi luoghi, quasi tremila anni or sono, abbiamo testimonianze “mitiche”.
A causa della natura dei Campi Flegrei, i coloni immaginarono che tali luoghi furono scenario di alcune battaglie delle Gigantomachie (mitiche lotte tra Dei e Giganti), proprio a causa delle condizioni in cui versavano dopo l’occupazione greca: solfatare, pozze che ribollivano, sismi, terreni dilianiati e macerie di antiche eruzioni. A ricordarcelo è lo scrittore romano Eschilo.
Anche lo storico Strabone conferma:
“Un tempo questa era terra prospera (riferito a Cuma), come la piana chiamata Campi Flegrei, dove si colloca il mito dei Giganti, non per altro, ma per il fatto che a suscitare lotte e antagonismi fosse la feracità di questa terra. Si pensa inoltre che anche per questo Cuma sia stata chiamata Flegra e che le stesse emissioni di fuoco e di acqua abbiano provocato per folgorazione le ferite dei Giganti qui caduti.”
I Campi Flegrei nella Geologia
Attualmente la storia geologica dei campi flegrei è così suddivisa:
- il Primo Periodo Flegreo: risale a 42.000–35.000 anni fa; è caratterizzato da banchi in piperno e tufi grigi pipernoidi, riconoscibili nella collina dei Camaldoli, come nella dorsale settentrionale e occidentale del monte di Cuma; altri prodotti a esso riferibili sono quelli profondi di Monte di Procida, riconoscibili negli strapiombi della sua costa. Per questo periodo si parla anche del vulcano Archiflegreo la cui attività vulcanica esplosiva raggiunse l’apice con l’esplosione che disseminò in buona parte della regione Campania l’ignimbrite campana (39.000 anni fa);
- il Secondo Periodo Flegreo: databile fra i 35.000–10.500 anni fa; proprio 35.000 anni fa avvenne la maggiore eruzione della storia che si è caratterizzata per l’esteso deposito di tufo che ricopre l’intera piana campana per un’area di oltre 10.000 chilometri quadrati;[2] circa 15.000 anni fa si verificò un altro evento catastrofico quando nei vulcani si formò un quantitativo di pomici e ceneri a causa della frammentazione di 40 chilometri di magma, il cui prodotto fu il tufo giallo che costituisce i resti di un immenso vulcano subacqueo (avente un diametro di circa 15 km e Pozzuoli al suo centro), il cui cratere residuo è formato dalla collina diPosillipo, dalla collina dei Camaldoli, dalla dorsale settentrionale di Quarto, dai monti di Licola-S.Severino, dal dicco del monte di Cuma, e da Monte di Procida. All’interno di questo cratere si erge ancora il massiccio tufaceo del Monte Gauro che si colloca tra Pozzuoli e l’Averno[3];
- il Terzo Periodo Flegreo: datato dagli 8.000 ai 500 anni fa; è caratterizzato dalla pozzolana bianca che costituisce il materiale di cui è formata la maggior parte dei vulcani che formano i Campi Flegrei. Essi si sono collocati tutti all’interno del cratere primordiale del Secondo Periodo Flegreo; a grandi linee si può dire: con un’attività iniziale a sud-ovest nella zona di Bacoli e di Baia (10.000–8.000 anni fa); una attività intermedia in area centrale, zona tra Pozzuoli, Montagna Spaccata e Agnano (8.000–3.900 anni fa); e infine un’attività più recente spostatasi nuovamente verso occidente a formare l’Averno e il Monte Nuovo (3.800–500 anni fa), un piccolo cono vulcanico alto 133 metri vicino al Lago di Lucrino nel comune di Pozzuoli[4]. L’ultima eruzione è stata quella del Monte Nuovo nel 1538 dopo un periodo di quiescenza durato circa 3.000 anni ed è tra le eruzioni di minore intensità avvenute ai Campi Flegrei.
I Campi Flegrei oggi
In tre millenni di storia conosciuta, i Campi Flegrei non hanno subito eventi catastrofici di particolare entità, ad esclusione dell’eruzione del Monte Nuovo nel 1538. Questo periodo d’oro ha permesso lo svilupparsi di una civilità in un luogo estremamente fertile e accogliente. Fiore all’occhiello dei sanniti, greci e romani, i Campi Flegrei sono stati anche molto apprezzati da tutti i regnanti dei periodi successivi: dagli Angioini agli Aragonesi, passando per il Viceregno Spagnolo alla casata dei Borbone. Ogni dominazione ha regalato monumenti, perle di civilità e stupende architetture, ancora oggi molte delle quali sono fortunatamente arrivate fino a noi.