Il martirologio di Pozzuoli, insieme a quello di Capua, è tra i più prestigiosi delle antiche diocesi campane; esso comprende sant’Artema e il cosiddetto “gruppo dei sette martiri”, in cui un posto di rilievo assume san Gennaro, vescovo di Benevento.
La storia del martirio
Nel detto gruppo capeggiato da Gennaro ci sono tre puteolani: Procolo, diacono di Pozzuoli, Eutiche (o Eutichete) ed Acuzio, laici; tutte le fonti concordano nell’affermare che i tre protestarono contro la condanna inflitta dall’autorità romana a Gennaro, Sossio (o Sosso), diacono di Miseno, Festo e Desiderio, rispettivamente diacono e lettore di Benevento, per questo furono anche loro incarcerati e avendo anche loro professato di essere cristiani furono condannati alla medesima pena: esposizione alle belve nell’anfiteatro maggiore di Puteoli. A seguito della preghiera che i sette condannati rivolsero al Signore avvenne il miracolo: le belve (secondo alcuni leoni, secondo altri orsi) invece di sbranarli si inginocchiarono ai loro piedi. Davanti a ciò l’autorità romana decise di commutare la pena in decapitazione, cosa che avvenne nell’anno 305 nei pressi del vulcano Solfatara.
L’economia di questa pagina non ci permette di esaminare nel dettaglio le varie fonti per poi confrontarle ma si riserva l’ipotesi di farlo in futuro; possiamo però affermare che se è certo l’anno dell’uccisione lo stesso non può dirsi sul giorno e mese, nè tanto meno sulla data di nascita che può solo ipotizzata.
Attualmente la chiesa cattolica ricorda i santi Festo e Desiderio il 7 settembre, san Gennaro il 19 settembre, san Sossio il 23 settembre, i santi Eutiche ed Acuzio il 18 ottobre, san Procolo il 16 novembre (fino al 1718 veniva ricordato anch’egli al 18 ottobre; la ricorrenza fu posticipata per motivi lavorativi). Le date, probabilmente, più che ricordare il dies natalis, il giorno della morte terrena e la nascita al cielo, ricordano i giorni delle traslazioni e sepolture dei corpi.
La sepoltura nel pretorio di Falcidio
I tre santi puteolani (Eutiche, Acuzio e Procolo), probabilmente, cessato il pericolo delle persecuzioni con l’editto di Costantino dell’anno 313, furono sepolti nel pretorio del Falcidio, nei pressi della basilica di Santo Stefano, su un’altura tra Cigliano e la Solfatara, a poca distanza del luogo della decapitazione.
Da Cigliano al duomo di Napoli
Dalla seconda metà del secolo VIII al 1026 tutto il territorio flegreo appartenne, quasi sicuramente, al ducato napoletano e fu proprio in questo contesto che nell’anno 770 (probabilmente perché la basilica di Santo Stefano fu interessata da un incendio) il vescovo e duca Stefano II (768 – 800) decise di traslare le reliquie dei santi Eutiche ed Acuzio nella cattedrale napoletana detta Stefania, qui i santi martiri furono raffigurati nelle catacombe di San Gennaro.
Il furto
Secondo un documento risalente al IX secolo (alcuni studiosi lo ritengono poco attendibile) parte delle reliquie dei santi Eutiche ed Acuzio, insieme a quelle di san Procolo e forse anche parte dei resti ossei di san Gennaro, furono trafugate nell’anno 871 da un cavaliere svevo sceso in Italia al seguito dell’imperatore Ludovico II che in quell’anno frequentò i bagni termali di Pozzuoli. Stando alla fonte i sacri resti furono portati in una delle basiliche benedettine dell’isola di Reichenau, sul lago di Costanza (Svizzera renana).
Il ritorno di parte delle reliquie
Parte di queste reliquie trafugate furono riconosciute e recuperate con la cooperazione di mons. Antonio Gutler, confessore della regina di Napoli, Maria Carolina, e il 13 maggio 1781, per volere del vescovo Girolamo Dandolfi, i sacri resti ritornarono a Pozzuoli per essere conservati in un reliquario argenteo. In ricordo di questo avvenimento, nel 1845, per volere del vescovo Raffaele Purpo, fu istituita la solenne processione della seconda Domenica di maggio.
Sull’esistenza di altre reliquie a Reichenau si occupò il prof. R. D’Oriano nel 1996 ma la risposta che pervenne dal parroco congelò qualsiasi altra azione di restituzione, pur affermando che nell’ex monastero esistessero le reliquie richieste.
La ricognizione del 1744
Il cardinale di Napoli, Giuseppe Spinelli (1734-1754), nel compiere la santa visita pastorale nel 1744 fece la ricognizione dei resti ossei dei santi puteolani e a tal proposito affermò che le ossa grandi di sant’Acuzio erano riposte su carta di papiro mentre le ossa minori e le ceneri erano riposte in una cassettina, per sant’Eutiche invece affermò che si trattasse di ossa minori e parte del cranio con frammenti di sangue coagulato deposti su carta di papiro. Da questo resoconto sembra che le reliquie dei martiri non erano presenti nella loro totalità, ciò fa supporre che sia attendibile la notizia del trafugamento di parte di esse avvenuto nell’anno 871.
Durante i lavori di restauro al duomo di Napoli, per volere del detto cardinale, le sacre reliquie furono incastonate in un’arca dietro l’altare.
Il ritrovamento delle reliquie
Poco dopo l’anno 2000, durante alcuni lavori di restauro, le reliquie dei santi puteolani Eutiche ed Acuzio furono rinvenute nel duomo di Napoli e lì furono sistemate nella cappella del Succorpo, sotto l’altare maggiore, vicino alle ossa di san Gennaro; in quell’occasione alcuni frammenti ossei furono donati alla Diocesi di Pozzuoli che li collocò in un reliquario attualmente esposto nella chiesa dei Santi Luca, Eutiche ed Acuzio sita nella frazione di Arco Felice.
Le altre reliquie presenti a Pozzuoli
Nella diocesi puteolana, sulla rocca denominata Rione Terra, tra il Museo Diocesano e la Basilica Cattedrale, sono conservati altri reliquari contenenti frammenti ossei dei due laici martiri puteolani; probabilmente sono resti prelevati prima della traslazione avvenuta nel 770 o successive donazioni che la chiesa di Napoli ha fatto alla chiesa di Pozzuoli.
Il nome
Dalla leggenda greca ed aurea si apprendono i nomi dei due santi puteolani in maniera completa: Marco Aurelio Eutiche e Sesto Acuzio Salutare. Il cognome Eutiche è di origine greca ed è un sinonimo di “buona fortuna”, alcune volte presenta il suffisso “te” (Eutichete) che è un rafforzativo. Acuzio invece è di origine latina ed è riferito a persona “di acuto ingegno”.
L’iconografia
Tra le immagini più antiche dei santi Eutiche ed Acuzio c’erano quelle presenti nel cubicolo di San Severo, a seguito di una crepa nel muro è rimasta solo quella di sant’Eutiche. Entrambe però si ritrovano ancora nelle catacombe di san Gennaro ove sant’Eutiche è raffigurato con barba folta. Sant’Acuzio stringe nella mano destra una croce. Entrambi calzano pianelle allacciate alle caviglie, hanno una folta capigliatura racchiusa dall’aureola e indossano una tunica col pallio fermato sull’omero da una fibia, sulla tunica è presente il laticlavio, segno distintivo della nobiltà. Nella mano sinistra recano un oggetto non ben identificato, probabilmente sono simboli del martirio o della loro estrazione sociale.
Se gli affreschi delle catacombe di San Gennaro risalgono all’VIII-IX sec. di poco posteriori (X-XI sec.) sono quelle presenti nella chiesa di Sant’Aniello a Quindici, nei pressi di Nola, dove però, anche qui, purtroppo, le raffigurazioni dei Santi Eutiche ed Acuzio sono andate perse.