Uno degli intrighi "di corte" più famosi dell'impero romano si consumò tra le coste Flegree. Nel 59 d.C. l'imperatore Nerone decide di liberarsi della madre, Giulia Agrippina Augusta anche conosciuta come Agrippina Minore.
Uno degli intrighi “di corte” più famosi dell’impero romano si consumò tra le coste Flegree. Nel 59 d.C. l’imperatore Nerone decide di liberarsi della invadente e ambiziosa madre, Giulia Agrippina Augusta anche conosciuta come Agrippina Minore. Ella era una nobildonna della dinastia Giulio-Claudia che sposò l’imperatore romano Claudio, suo zio. A seguito delle nozze, Claudio accettò l’adozione del figlio di Agrippina avuto dalla precedente relazione con Gneo Domizio Enobarbo, Nerone, che sarebbe poi diventato a sua volta imperatore.
Il matricidio non fu di non facile attuazione, soprattutto per l’ascendente che Agrippina continuava a esercitare sull’elemento militare dell’Impero, in quanto figlia di Germanico e sorella di Caligola, i due uomini di casa giulio-claudia più apprezzati dalle truppe e dalle forze pretoriane.
“Imperatrice” ad interim
Insignita del titolo di Augusta dell’Impero romano nel 50 d.C., Agrippina ebbe il ruolo di reggente durante l’assenza del marito Claudio e fu la prima donna a governare di fatto l’impero durante i primi anni di regno del figlio. Agrippina fu una delle più significative figure femminili dell’Impero romano, e l’unica che riuscì a conseguire uno status effettivo comparabile a quello di un Principe-donna, ovvero di un’autentica imperatrice.
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I dissidi con il figlio, Nerone Imperatore
Ambiziosa e ormai potentissima, vittima della stesse sete di prestigio e potere, ella riuscì a spingere suo figlio Nerone come erede del trono Imperiale, piuttosto che il figlio naturale dell’imperatore Claudio, Britannico. Ma il rapporto tra madre e figlio cominciò ad incrinarsi quando Nerone, divenuto imperatore dopo la morte di Claudio, cominciò ad agire indipendentemente dalla madre, e spesso in aperto contrasto, in qualche modo tagliandola fuori dalla sfera di affari di famiglia ai quali lei ambiva.
Il punto di rottura fu probabilmente l’avvicinamento di Agrippina al figlio adottivo Britannico, il quale poco prima di compiere quattordici anni denunciò l’illegittimità della successione di Nerone a favore di sé stesso, figlio naturale e quindi legittimo erede dell’Imperatore Claudio.
Nerone, sentendosi quindi minacciato, ordì con ogni probabilità l’omicidio del fratellastro per avvelenamento che morì, secondo quanto riportato ufficialmente, durante un banchetto a seguito di un attacco epilettico (o più probabilmente, da un avvelenamento). Agrippina sarebbe stata la prossima.
La narrazione di Tacito negli Annales
Il capitolo, tratto dal libro XIV degli Annales di Tacito (scritti intorno al 117 d. C.), descrive in maniera appassionata gli ultimi momenti del confronto tra Nerone e Agrippina. Nerone inizialmente sembrerebbe più orientato per una fine poco plateale e non violenta, ma avendo avuto precedenti simili in famiglia (le sospette morti di Claudio e del fratellastro Britannico) optò per una astuta soluzione che avrebbe svincolato ogni dubbio sul mandante: un incidente in mare, suggerito dal prefetto della flotta militare di MisenoAniceto, personaggio sgradito ad Agrippina.
Nerone invitò la madre nella sua tenuta di Bauli (Bacoli) in occasione delle Feste Quinquatrie che si sarebbero tenute a Baia. Agrippina si trovava nella sua residenza di Anzio, e la via più breve per la costa Flegrea era quella tramite un viaggio in mare. Lei tuttavia, già sospettosa, arrivò dal figlio via terra. Nerone la accolse con mille onori per dissimulare ogni astio nei suoi confronti.
Al momento del suo ritorno riuscì però a convincerla a ripartire con una nave “trappola” da lui predisposta. L’inganno però non riuscì del tutto, il naufragio avvenne poco lontano dalle coste Flegree ed ella riuscì a dileguarsi mentre i sicari del figlio uccidevano in mare la sua serva e amica Acerronia credendola la stessa Agrippina. Raggiunta la terraferma, con l’aiuto di pescatori e cittadini, ella corse ai ripari nella sua villa Flegrea, forse a Lucrino, inviando un messaggio al figlio per assicurarle che stesse bene dopo l’accaduto, e in questo modo, facendogli credere che ancora non sospettasse di lui.
Qui la traduzione integrale:
“Quindi Nerone evitava di incontrarsi da solo con lei, e quando essa si recava ai suoi giardini oppure in campagna, sia a Tusculo, sia ad Anzio, lodava il suo proposito di prendersi un po’ di svago. Infine, giudicandola pericolosa ovunque si trovasse, decise di ucciderla, incerto solamente se col veleno, col pugnale, o con quale altra forma di violenza. Dapprima gli parve preferibile il veleno. Ma, se le fosse stato propinato alla mensa dell’imperatore, la morte non sarebbe potuta apparire casuale, dato che tale era già stata la fine di Britannico, e Sembrava impresa non facile corrompere i servi di una donna, che la pratica del delitto rendeva cauta contro le insidie; inoltre essa si era immunizzata coll’uso preventivo di antidoti. Come si potesse mascherare una morte di pugnale, nessuno sapeva escogitare, e Nerone temeva che l’uomo scelto per l’esecuzione di un delitto cosi grave venisse meno al mandato. Offerse infine una sua macchinazione il liberto Aniceto, prefetto della flotta di Miseno, gia istitutore di Nerone durante la fanciullezza, che Agrippina odiava e dal quale era odiata. Egli mostro come si potesse costruire un’imbarcazione cosi fatta Che, una volta al largo, una parte si aprisse mediante un apposito congegno e di sorpresa facesse cadere Agrippina nel mare, dove può accadere qualsiasi incidente. Se infatti ella fosse scomparsa in un naufragio, Chi sarebbe stato cosi malevolo da attribuire a mano delittuosa la colpa del vento e delle onde? L’imperatore avrebbe innalzato alla defunta un tempio e degli altari, e reso ogni altra testimonianza di devozione filiale.
Piacque a Nerone l’ingegnosa trovata, che anche le Circostanze favorivano, poiché egli celebrava le feste Quinquatlrie a Baia. Cola attira la madre, col ripeterle che i malumori dei genitori devono essere sopportati e che deve placarsi ogni risentimento, perché si spargesse la voce di una riconciliazione e Agrippina vi prestasse fede, con quella credulita per le notizie liete che e propria delle donne. Quindi, al suo arrivo da Anzio, le si fece incontro sulla spiaggia, la prese per mano, l’abbraccio e la condusse a Bauli. Tale in nome di
una tenuta lambita dal mare, in un’insenatura tra il promontorio Miseno e il lago di Baia. La, in mezzo ad altre imbarcazioni, ve n’era una più adorna, come se anche in quel modo il figlio avesse voluto onorare la madre; in verita, essa era avvezza a viaggiare su di una trireme con marinai della flotta. E il figlio l’aveva invitata a cena, per approfittar della notte a nascondere il misfatto. E’ accertato che vi fu un traditore, e che Agrippina, avvertita del tranello, ma ancora incerta se prestarvi fede, si fece portare a Baia in lettiga. Quivi le premure del figlio misero in fuga il timore; ché venne accolta affabilmente e collocata al posto d’onore. Tra discorsi svariati, ora con giovanile familiarità, ora fattosi serio, quasi volesse metterla a parte delle sue preoccupazioni, Nerone prolungo i1 convito; 1a riaccompagno al partire, non cessando di guardarla e stringendosi al suo seno, forse perché la finzione riuscisse perfetta, o perché la vista ultima della madre, prossima a morire, forse avvinceva il suo animo, pur tanto feroce. Vollero gli dei che la notte fosse quieta e risplendente di stelle, e placido il mare, quasi per non lasciare dubbi sul delitto. La nave non si era ancora allontanata molto ed erano con Agrippina due soli dei suoi familiari: Crepereio Gallo stava ritto presso il timone, e Acerronia, china ai piedi di lei coricata, si compiaceva nel ricordarle il pentimento del figlio ed il favore da lui restituito alla madre, quand’ecco, a un segnale stabilito, precipitare il tetto del padiglione, aggravate da una massa di piombo. Crepereio rimase sotto e mori immediatamente; Agrippina ed Acerronia furono salvate dalle spalliere alte del letto, che il caso volle fossero troppo solide per cedere a1 peso. Ma lo sfasciamento del vascello non avveniva, perché, nello scompiglio generale, i molti ignari della manovra impacciavano quelli che la conoscevano. Parve allora ai rematori Che fosse bene far piegare l’imbarcazione tutta su di un fianco e tentar cosi di affondarla; ma non furono pronti ad accordarsi per quell’azione imprevista, e, dato che altri facevano forza in senso contrario, la caduta in mare avvenne con minor violenza. Acerronia, la quale, non comprendendo nulla, gridava che Agrippina era lei e che soccorressero la madre dell’imperatore, venne finita a colpi di pertica e di remo e di qualsiasi attrezzo navale messo li dal caso. Agrippina, nuotando silenziosa, non fu riconosciuta (ricevette pero una ferita alla spalla) e da barche di pescatori sopraggiunte fu portata a1 lago Lucrino; di la si ricondusse alla sua Villa. Qui, riflettendo Che proprio a quello scopo era stata fatta venire, con un ingannevole invito, ed accolta con onori straordinari; pensando che a poca distanza dal litorale, senza spinta di vento né urto di scogli, la nave si era sfasciata dall’alto, come può avvenire di una costruzione in terra ferma; considerando anche la fine di Acerronia e la propria ferita, comprese che alle insidie non v’era altro scampo fuorché fingere di non averle capite. E mandò il liberto Agermo ad annunziare al figlio che per grazia degli dei e per fortuna di lui era scam—pata ad un grave incidente; ora lo pregava che, sebbene colpito dal pericolo della madre, frenasse il suo desiderio di venirla a vedere; per il momento, aveva bisogno di riposo.”
Ma Nerone, appresa la notizia e ormai alle strette per paura di una fuga di notizie e di una pubblica denuncia da parte di Agrippina, che questa volta aveva dalla sua forti prove materiali a difesa, attuò il suo piano di emergenza, ovvero l’eliminazione diretta della madre prima che fosse troppo tardi, tramite dei mandatari: il prefetto di Miseno Aniceto, un capitano di una trireme Erculeio, e da un centurione della classis misenensis, Obarito. Si presentarono nella sua dimora, finendola, mentre lei pronunciava la fatidica sentenza – Ventrem Feri! (Colpisci il ventre!) a sottolineare lo stesso ventre che diede alla luce Nerone.
“Intanto, fingendosi tranquilla, si fa medicare la ferita e si concede il necessario ristoro;
dispone che si cerchi il testamento di Acerronia e che si mettano sotto sigillo i suoi beni: unico atto in cui non vi fosse simulazione.
Frattanto Nerone aspettava ansioso la notizia che il delitto era stato compiuto. Gli riferiscono invece che la madre si e salvata, leggermente ferita, e avendo corso quel tanto di pericolo che era sufficiente a non lasciarle dubbio sull’autore di esso. Tramortì allora dallo spavento, e gridava che gia se la vedeva venir contro, smaniosa di vendetta, sia che armasse gli schiavi o eccitasse l’ardore dei soldati, sia che ricorresse al senato ed al popolo, rinfacciandogli il naufragio, il colpo ricevuto, gli amici assassinati. Contro questo, che difesa Vi sarebbe stata per lui? A meno che qualche cosa escogitassero Burro e Seneca, che aveva fatto subito chiamare; e incerto se prima non ne sapessero nulla. Entrambi rimasero a lungo in silenzio, o per non spendere parole inutili a cercare di dissuaderlo, o perché ritenevano Nerone ridotto a tal punto che’era finita per lui, se non si agisse prima di Agrippina. Il più risoluto fu poi Seneca, soltanto però fino a levare gli occhi su Burro e a domandargli se si dovesse dare ai soldati l’ordine di ucciderla. [4] Quegli rispose che i pretoriani, troppo affezionati a tutta la casa dei Cesari e memori di Germanico, non avrebbero osato alcuna violenza contro la figlja di lui: pensasse Aniceto a mantenere il suo impegno. Costui, senza esitare, si assume l’incarico dell’impresa. Ciò udendo, Nerone esclamò che solo in quel giorno gli si dava veramente il potere e che un cosi gran dono gli veniva da un liberto: andasse subito e conducesse con se i piu risoluti ad eseguire gli ordini. Quanto a lui, saputo dell’arrivo di Agermo col messaggio di Agrippina, prepara di sua iniziativa la scena del delitto. Mentre l’inviato fa la sua relazione, gli getta tra i piedi una spada: poi comanda che lo si incateni, come colto in flagrante, per far credere che la madre avesse macchinato di ucciderlo e poi, per la vergogna derivante dalla scoperta dell’attentato, si fosse data di sua mano la morte.
Divulgatasi intanto la voce del rischio corso da Agrippina, come per incidente, man
mano che ognuno ne aveva notizia accorreva alla spiaggia. Gli uni salgono sulle sporgenze del molo, altri sulle barche vicine; chi s’inoltra in mare fin dove gli consente la sua statura, chi tende le braccia; tutto il litorale e pieno di lamenti, d’invocazioni, del chiasso di domande contrastanti e di risposte malcerte; accorre un’enorme folla munita di fiaccole, e allorché si viene a sapere che Agrippina e sana e salva, tutti si avviano per andare a festeggiarla: ma il sopraggiungere d’una schiera in armi, dall’aspetto minaccioso, li induce a sbandarsi. Aniceto fa accerchiare da guardie la villa, e, sfondata la porta, fa trascinar via tutti i servi che incontra; finché giunse alla soglia della camera di Agrippina, custodita ormai da pochi, perché tutti gli altri erano stati messi in fuga dallo spavento dell’irruzione. Nella camera, debolmente illuminata, v’era una sola ancella; e Agrippina era sempre più inquieta per il fatto che nessuno venisse a lei da parte del figlio, e che neppure Agermo tornasse. Un evento lieto si Sarebbe presentato con ben altro volto; ora, solitudine, rumori improvvisi, tutti gli indizi d’una catastrofe. Poiché l’ancella si allontanava, ella aveva appena detto: — Mi abbandoni anche tu? —, quando scorse Aniceto, accompagnato da Erculeio, capitano d’una trireme, e dal centurione della flotta Obarito. Agrippina disse che, se egli era venuto a visitarla, poteva annunziare la sua guarigione; se invece a compiere un delitto, essa non poteva crederne autore il figlio: questi certo non aveva comandato il matricidio. Gli esecutori circondano il letto, e per primo Erculeio la percuote sul capo con una mazza; mentre il centurione alza il pugnale per finirla, essa protende il ventre, esclamando: — Colpisci questo! (Ventrem Feri!) — e muore, trafitta da molte ferite.”
Non è dato sapere cosa avvenne dopo la morte di Agrippina. Anche Tacito sembra fare speculazioni, e lascia intendere che il gesto abbia segnato la vita di Nerone, il quale comunque lasciò passare tutto in sordina. Agrippina non ebbe difatti alcuna sfarzosa cerimonia funebre (venne cremata senza troppe celebrazioni la sera stessa), nè venne realizzato alcun monumento o tumulo da parte dell’Impero. Solo tempo dopo, pare, da alcuni fedelissimi, venne realizzata “una modesta tomba sulla strada di Miseno, vicino alla Villa di Cesare dittatore, che domina altissima le insenature sottostanti“.
Tali indizi lasciarono credere ai posteri, conoscitori degli Annales di Tacito, che presso la Marina dell’odierna Bacoli si ergeva il decantato Sepolcro di Agrippina, avendo scoperto una singolare struttura di età romana a forma di emiciclo.
La cosiddetta Tomba di Agrippina (o Sepolcro), già conosciuto con tale nome a partire dal 1600, è in realtà un rudere di un monumento di età romana, probabilmente un Odeon, realizzato in età Giulio-Claudia e utilizzato consecutivamente come un ninfeo semi-circolare tra la fine del I e gli inizi del II sec d.C.
“Su questi fatti la tradizione e concorde. Che poi Nerone abbia contemplato il corpo inanimato della madre e ne abbia lodato la bellezza, alcuni asseriscono, altri negano. Il cadavere fu arso la stessa notte sopra un letto da convito e con esequie senza lustro; né fu elevato sul luogo un tumulo o tracciato un recinto, finché Nerone tenne il potere. Più tardi, dalla fedeltà dei servi Agrippina ebbe una modesta tomba sulla strada del Miseno, vicino alla Villa di Cesare dittatore, che domina altissima le insenature sottostanti. Acceso il rogo, un liberto di lei, chiamato Mnestere, si trafisse colle proprie mani, forse per affetto verso la sua signora o forse per paura di essere mandato a morte. Molti anni prima, Agrippina aveva previsto che sarebbe finita cosi: ma non se n’era preoccupata. Infatti gl’indovini caldei, quando essa li aveva interrogati circa l’avvenire di Nerone, le avevano risposto che sarebbe stato imperatore e avrebbe ucciso sua madre. — Uccida — ella disse — purché regni. Ma quando finalmente il delitto fu consumato, Cesare ne comprese l’enormità. Per tutto il resto della notte, un poco stava in silenzio, come impietrito, più spesso balzava in piedi spaventato e fuori di senno, aspettando l’alba quasi dovesse portargli la rovina. Venne invece a rassicurarlo, dietro suggerimento di Burro, l’atto adulatorio dei centurioni e dei tribuni, che gli afferravano la mano e lo festeggiavano per essere sfuggito all’improvviso pericolo e all’attentato della madre. Quindi gli amici si recavano ai templi e, sul loro esempio, le vicine città della Campania manifestavano il loro giubilo con sacrifizi ed ambascerie. Egli, contrapponendo a quelle finzioni la propria, si mostrava mesto, e, quasi rammaricandosi della propria salvezza, versava lagrime per la morte della madre. Poiché tuttavia l’aspetto dei luoghi non muta come il viso degli uomini, e gli stava dinanzi la Vista insopportabile di quel mare e di quella spiaggia (qualcuno diceva che dalle colline circostanti si udisse un suono di tromba, e una voce di pianto dalla sepoltura della madre), egli si trasferi a Napoli e mandò un messaggio al senato, il cui contenuto in breve era questo: che era stato sorpreso col pugnale in mano il sicario Agermo, uno dei liberti più cari ad Agrippina, e che essa aveva scontato la pena per il rimorso di aver preparato il delitto.”
Catuogno – Porfiri – Tacchi: Survey for the enhancement of the archaeological sites of the Phlegraean Fields: the “Agrippina Sepulchre” in Bacoli (2017)
Bagnoli è un quartiere di Napoli al confine con il Comune di Pozzuoli. E’ stato, assieme al resto dei Campi Flegrei, un importante centro termale da tempi antichissimi. Descriveremo di seguito le più importanti fonti termali antiche e relativi stabilimenti, ormai quasi completamente scomparsi.
Nel celebre testo antico "Vita di Apollonio da Tiana" dello scrittore e filosofo Lucio Flavio Filostrato (Lemno, 172 d.C. – Atene, 247 d.C.) vi sono dei passi ambientati a Dicearchia (Puteoli). Nello specifico viene menzionata una fonte di acqua sorgiva particolare, nei pressi della ripa puteolana, e di un ninfeo (creduto in seguito il cd. Tempio delle Ninfe).
Nel manoscritto della “Chronica Slavorum” è contenuta una famigerata lettera scritta dall’elettore Corrado di Hildesheim, legato imperiale nel
Regno di Sicilia, ad Hartberto capo della sua chiesa. Durante questo mandato scrisse la lettera che illustra molte delle “meraviglie” viste in Sicilia e in
Campania.
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