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Il Rione Terra di Pozzuoli

Il Rione Terra di Pozzuoli è probabilmente il più antico insediamento della città. Prima avamposto e scalo commerciale, forse parte della città greca Dicearchia, poi parte della colonia romana di Puteoli. Oggi è testimonianza delle culture del passato e uno scrigno di tesori archeologici e paesaggistici.

Incisione del 1878
Incisione del 1878

Il nome deriva dall’uso dialettale e marinaresco di indicare “terra” il villaggio o la città.
Che il cuore della città antica fosse proprio qui, su questo sperone di tufo che coi suoi 33 metri sul livello del mare si protende sul golfo tra Nisida e Baia, era già stato raccontato dagli autori antichi, soprattutto dal geografo greco Strabone, vissuto nell’età di Augusto, che nella sua “Geografia”, dopo aver ricordato che Pozzuoli (o meglio, come egli diceva alla greca, “Potioloi”) era stato uno scalo navale dei Cumani, dice che questo primo insediamento, purtroppo per noi anonimo, era stato “stabilito su di un’altura”.
 

Forse la Greca Dicearchia, “città del giusto governo”

Le testimonianze archeologiche che possano documentare questo primo insediamento cono ancora poca cosa, nonostante l’estensione degli scavi a tutt’oggi eseguiti sull’acropoli puteolana, e sono rimaste sostanzialmente quelle già noti negli anni ’70: un frammento di una brocca da vino subgeometrica di fabbrica cumana e l’ansa di una coppa ionica della metà del VI secolo a.C.. Alla fine del VII secolo a.C., circa un secolo e mezzo dopo l’arrivo dei Greci a Ischia e a Cuma, grazie ad un recente ritrovamento di un terzo frammento di una brocca di vino lungo un precorso di un’antica strada, quest’ultima doveva rappresentare il collegamento tra Cuma e l’antenata di Napoli, la cittadina di Partenope (o Palepoli), un altro scalo navale che i Cumani avevano insediato sul colle Pizzofalcone. La presenza di questa strada testimonia che questo territorio era ormai pienamente sotto il controllo cumano, sicuramente attraverso lo scalo navale di cui parla Strabone.

La fondazione di Puteoli

Il piccolo porto a ridosso della rupe puteolana iniziò a mutare a causa di Roma. Interessati da sempre alle fertili terre campane, ed in rapporto con Pithecusa e Cuma fin dall’età arcaica, i Romani avevano istituito, occasionalmente fin dal 318 a.C., una prefettura straordinaria per Capua e Cuma. Fu forse in quella circostanza che i Romani presero per la prima volta confidenza con l’articolato paesaggio flegreo. Un secolo dopo, durante la seconda guerra punica, essi rinnovarono questa conoscenza allorché fecero dell’acropoli il caposaldo della difesa romana della costa, con il compito di impedire ad Annibale, che si era impadronito di Capua e che nel 215 a.C. fece una puntata sul lago d’Averno, di conquistare la costa.

L’insediamento militare romano sulla rupe si consolidò presto in città con la deduzione, nel 194 a.C., di una colonia di cittadini romani, 300 coloni, probabilmente i veterani scipionici di Zama, nel quadro di un vasto programma di colonizzazione delle coste dell’Italia meridionale che comprendeva, nel basso Tirreno, anche la fondazionedi città Liternum (Castelvolturno), Salernum, Buxentum (Policastro Bussentino); un programma certamente di controllo militare, alle foci di fiumi e allo sbocco di vallate strategiche, ma potenzialmente di grande interesse anche economico e commerciale.
L’imperatore Ottaviano Augusto

Uno dei momenti più felici di Pozzuoli fu l’età augustea. L’imperatore, sollecito della fame della pericolosa plebe romana, aveva trasformato l’Egitto, di recente conquistato e ridotto a provincia, nel granaio di Roma e aveva posto a Pozzuoli il porto d’approdo di questa rotta del grano. La sua funzione di grande porto dei rifornimenti alimentari anzitutto (qui approdava la classis Alexandrina col convoglio del grano egiziano per l’annona di Roma), e poi di ogni altro genere di merci, per i bisogni del centro di un Impero sempre più esteso all’età repubblicana fino agli inizi del II secolo d.C., rende conto dei frequenti interventi del governo centrale nelle sue vicende. Dall’originaria inclusione nella praefectura di Capua a Cuma, all’intervento legislativo che, secondo Plutarco, essa, tormentata dai dissidi interni, avrebbe chiesto a Silla alle costituzioni coloniali che ne fecero prima la Colonia Iulia Augusta Puteoli e poi, sotto Nerone, la Colonia Neronensis Claudia Augusta Puteoli, alle frequenti nomine da parte del governo romano di curatores, commissari speciali per la manutenzione e il restauro delle opere pubbliche.

Il declino nel Tardo Impero e Medioevo

Uno dei problemi centrali del periodo tardo antico in tutta l’area è, ovviamente, quello del bradisismo e delle sue fasi. Analisi radiometriche eseguite di recente sui gusci dei litodomi nelle famose colonne di cipollino del macellum sembrano provare che esse, impostate su un nuovo pavimento in età seriana, erano finite sott’acqua prima del 370 d.C. Sul Rione Terra, la crisi dell’organismo urbano si riflette in fenomeni come l’abbandono di alcuni settori di abitato, pur centrali nel tessuto del quartiere, e nell’obliterazione di assi stradali. Se le fonti concordano nell’indicare la data del 410 d.C., con l’invasione di Alarico, per la distruzione di Puteoli, gli scavi del Rione Terra mostrano che le devastazioni e l’abbandono, che coinvolsero certamente la ripa e le ville d’otium, poco dovettero toccare il Rione, i cui edifici sopravvissero per ospitare, in posizione più difesa, arroccati intorno al vescovo e alla chiesa installatasi tra la fine del V e gli inizi del VI secolo nell’antico Capitolium, gli ultimi abitanti della città, che dobbiamo immaginare dedita alla pesca e all’agricoltura, e, grazie alla perdurante presenza della via Campana, ad una residua attività mercantile locale, anche se gran parte del traffico era passata nel porto di Napoli.
La fase successiva registrata nell’ambiente vede, tra l’VIII ed il IX secolo d.C., il mare invadere l’area, ormai a ridosso di una vera spiaggia. Con queste date siamo nello stesso arco temporale di un famoso passo degli Atti di San Pietro e Paolo – un testo dei Vangeli apocrifi che si data a circa l’890 – che attribuiva l’inabissamento della città ad un miracolo operato dall’apostolo Paolo per punire la città dove, in sua vece, era stato giustiziato il padrone della nave con la quale il santo era giunto in Italia dall’Oriente.

Puteoli dal medioevo all’età contemporanea

Le fortificazioni in un dipinto ottocentesco

Il compito di sostenere Pozzuoli passa, a partire dall’alto Medioevo, a Napoli. Salvo il periodo di circa un secolo (1027-1128) in cui il castrum Puteolanum fu nelle mani dei Signori longobardi e normanni di Capua e Aversa, la cittadina svolse infatti, come Cuma, un ruolo essenziale nel sistema difensivo partenopeo; sia a protezione da eventuali incursioni o sbarchi nemici minaccianti da nord la città, sia a controllo delle postazioni saracene e piratesche che di tempo in tempo si installarono sulle coste settentrionali, da Miseno alla rocca di Cuma alle foci del Garigliano, sia infine a protezione della via per Capua, che i recenti scavi, come già ricordato, hanno dimostrato sempre in uso per tutto il medioevo. Un radicale mutamento intervenne tra XV e XVI secolo. Una serie di forti terremoti (1448, 1456, 1488) accompagnò la crisi bradisismica dell’inizio del cinquecento ed i gravi danni conseguitine spinsero i Puteolani a chiedere al re di Spagna (e ormai anche di Napoli) nel 1503 di poter costruire le loro case in un luogo più sicuro. Quando arrivò la concessione regia (1511) nacque così il Borgo, che rappresenta la nuova prima riespansione della città fuori delle mura. La fase sismico-vulcanica culminò, com’è noto, con l’eruzione del 29 settembre 1538 che diede origine al Monte Nuovo e provocò ingenti danni alla città, i cui abitanti si rifugiarono in gran parte a Napoli. Preoccupato della sorte di un centro la cui funzione strategica era stata ancora pochi anni prima (1520) evidenziata da una incursione di pirati barbareschi, il viceré don Pedro de Toledo (1532-1553) promosse la rinascita della città sia facendovi ritornare gli abitanti, esentati per molti anni dal pagamento di tutte le imposte, sia andando egli stesso a costruire una sua casa di villeggiatura accanto al porto ai piedi del Rione Terra, sotto la protezione delle fortificazioni rinnovate e del Fortino, eretto sulla linea delle mura sovrastanti il molo. Sull’antica acropoli la ricostruzione fu massiccia e coinvolse, per la prima volta dalla fondazione della città, la stessa struttura urbanistica. Questa fase di rinnovamento, che coincise con la riscoperta dei Campi Phlegraei e del mito di Virgilio da parte della cultura europea, si prolungò per oltre un secolo. Subito dopo cominciò però per l’abitato sull’acropoli una fase di nuova stagnazione che fu accentuata dal trasferimento fuori del Rione, a seguito dell’espansione di attività che coinvolse la costa, dei maggiorenti cittadini. L’esplosione di modernità che con l’industrializzazione (i cantieri Armstrong sono del 1866) investì Pozzuoli, non senza conseguenze notevolissime pagate in termini di uso e abuso del territorio, relegò il Rione Terra a quartiere periferico. Trasferitesi a valle progressivamente le attività economiche ed amministrative, accanto al Vescovado l’unica funzione urbana residua fu quella della Pretura (1896), sita all’ingresso del Rione da Porta Napoli. Marginalizzata dal riproporsi del fenomeno bradisismico nei primi anni del nostro secolo, nonostante interventi come la legge speciale per il risanamento di Pozzuoli (1911), la vita sul Rione Terra è continuata così nel ventesimo secolo in maniera sempre più precaria, e le condizioni del quartiere erano già di degrado quando si abbatterono prima l’incendio del Duomo (16 maggio 1964) e poi le vicende del bradisismo del 1970 e del 1980.

Il resto è storia di oggi.
 
 
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