Sebbene in passato, per tutta la ripa puteolana, compresa dal porto di Pozzuoli fino a Baia, affiorassero spesso ruderi tra le basse acque, mai si arrivò a pensare che in realtà vi fosse un intero mondo sommerso. Stiamo parlando di Baia sommersa e in particolare del Portus Iulius ( o porto Giulio), ma anche dei quartieri denominati Vicus Annianus e Vicus Lartidianus.
Scrisse il De Iorio nel 1503, a seguito di eventi bradisismici: “il mare si seccò portando fuori alcune “pilae”.
I meriti della prima vera scoperta vanno al Comandante Raimondo Bucher, pilota, apneista italiano, pioniere della subacquea e della fotocinematografia subacquea italiana e mondiale. Riportiamo le sue parole a riguardo:
“Dopo la guerra, era il 1956, uscivo in pattuglia acrobatica sul mare partendo dall’aeroporto di Capodichino. Dall’alto, in una giornata di straordinaria limpidezza del cielo e del mare, mi apparvero forme sottomarine simmetriche e regolari. Mi incuriosii e, intuendo che si doveva trattare di resti sommersi, scattai dal cielo delle fotografie, che ancora oggi, per la loro limpidezza, restano ineguagliate. Dopo lo sviluppo, la sorpresa: appariva inequivocabilmente la forma di mura, strade, costruzioni, che non potevano che essere antiche. Volli subito fare una verifica e mi immersi nelle acque del golfo di Pozzuoli. Era incredibile: a poca profondità e dove transitavano ed ormeggiavano imbarcazioni di ogni genere, apparivano mosaici di indescrivibile bellezza, strutture di abitazioni, strade, imponenti colonne. L’avvenimento ebbe risonanza in tutto il mondo ed in particolare in Vaticano, con l’interessamento personale del Papa, perché nelle Sacre Scritture si parla dello sbarco di San Paolo a Pozzuoli attraverso un canale e l’arrivo in una darsena, chiaramente visibili nelle mie fotografie aeree”.
A Bucher dobbiamo quindi anche la sensibilizzazione della Soprintendenza, la quale, dopo la forte evidenza, cominciò ad effettuare i rilievi di sorta, sebbene ancora oggi non esistono rilievi completi, e nel corso dei decenni sono stati molti i danni apportati alle strutture, volontariamente e involontariamente dal continuo transito di imbarcazioni.
Portus Iulius – porto militare oppure commerciale?
Secondo le prime indagini, si ritenne che il porto fu costruito nel 37 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa per volere di Ottaviano «facendo penetrare il mare nei laghi Lucrino e Averno» e, inizialmente, svolse la funzione di base militare navale nel corso della guerra civile contro Sesto Pompeo[1] che avrebbe posto fine alla Repubblica romana.
Secondo le descrizioni di Cassio Dione e Velleio Patercolo, il porto costiero offriva un naturale rifugio protetto per le navi da guerra oltre ad un ampio cantiere navale interno. Ingenti opere ingegneristiche lo collegavano, infatti, sia al lago di Lucrino, che era molto più vasto all’epoca e fungeva già da rada riparata, sia al lago d’Averno che forniva un approdo sicuro e, grazie ai boschi limitrofi, anche il legname per il cantiere navale.
Sotto la direzione dell’architetto Lucio Cocceio Aucto, il canale artificiale, già esistente e lungo 300 metri che collegava i due laghi, venne allargato a 50 metri. Fu, inoltre, creato, presso il porto, uno sbocco per il lago di Lucrino scavando il breve tratto sabbioso che lo separava dal mare[2].
In parziale disaccordo, invece, sono gli studi più recenti, a partire dagli ultimi decenni, che, affiancati da nuove ispezioni e sopralluoghi internazionali, hanno riportato nuovi risultati. Dice Laura Chioffi : “L’idea, consolidata negli studi, che il portus Iulius, situato sulla costa campana tra Cuma e Puteoli, creato per scopi bellici all’epoca dello scontro finale contro Sesto Pompeo, abbia effettivamente rivestito, anche se per breve periodo, una funzione militare, va abbandonata non solo per l’apporto delle indagini archeologiche, ma anche per una rilettura delle fonti. La reazione negativa da parte d’importanti personalità locali di fronte agli effetti che lo sviluppo di una base navale avrebbe comportato nell’habitat circostante potrebbe essere stata la causa che indusse Ottaviano-Augusto a trasferire rapidamente a Misenum il suo progetto. Ciò si fece con una certa cauta discrezione, grazie ad un piano che seppe combinare il fiuto politico del Divi filius con l’intelligenza ingegneristica di Agrippa, nell’ottica di una perspicace strategia operativa che permise di ottenere, per entrambi, risultati di pubblico prestigio e gloria militare.”
- Raimondo Bucher; La mia vita tra terra, cielo e mare, IRECO, Formello (RM), 1999