A Pozzuoli quasi tutti sanno chi è Vicienz ‘a mare, o meglio cosa fosse. Ma sono pochi, ormai, coloro che possono dire di esserci stati, poichè la sua chiusura definitiva avvenne nel 1972.
Vincenzo a Mare è conosciuto come un dei più importanti ristoranti flegrei, nonostante sia ormai chiuso da quasi cinquant’anni, ma la sua storia è molto più antica. Scopriamola.
Il convento dei Cappuccini (1676)
A causa della malaria derivante dal lago di Agnano, che infestava nell’estate la collina della Solfatara, i Padri Cappuccini del Convento di S. Gennaro chiesero al Municipio di Pozzuoli una zona di terreno presso il mare per edificarvi la sede della loro dimora estiva.
Il Municipio, con atto 17 maggio 1676 per notar Agostino Lanzetta, li accontentò, donando loro una zona di terreno fuori la porta della città, sotto la espressa condizione di fabbricarvi il detto ospizio. Esso era costituito da quel fabbricato a destra della Via Napoli, che tuttora s’intitola Cappuccini (nome esteso al rione), e trovasi circondato dal mare, che continuamente tenta invadere la riviera orientale della città.
I frati Cappuccini di San Gennaro alla Solfatara di Pozzuoli, il 10 maggio 1676, con atto del notaio Nicola Lanzetta, ebbero in dono dalla civica Amministrazione (Università) un suolo di 150 palmi di lunghezza e 150 palmi di larghezza per edificarvi un ospizio – convento stagionale in località “Buccarìa” (“luogo dove si amazzavano le vaccine” da “Bucciere” = mercante di bestie).
La richiesta, come detto, scaturì dal fatto che d’estate la collina della Solfatara era appestata dall’aria puzzolente che esalava il vicino lago di Agnano, destinato alla macerazione della canapa e del lino. Questo quanto risulta dai documenti, ma in realtà i Cappuccini aspirarono ad avvicinarsi al centro abitato di Pozzuoli, che già registrava la presenza dei Domenicani, dei Benedettini, dei Minori Osservanti, dei Carmelitani, dei Gesuiti, dei Pasqualini, dei Gerolomini e delle Clarisse, per interesse di ben altra natura.
Con i contributi concessi dai comuni di Napoli e di Pozzuoli e con le offerte dei fedeli, si dette inizio all’opera il 1° agosto del 1676. La costruzione, anche se osteggiata dai vicini Domenicani di Gesù Maria (San Vincenzo Ferrer), i quali temevano che la cappella dell’erigendo ospizio dei frati Cappuccini avesse inciso sull’affluenza dei fedeli alla loro chiesa, fu completata in pochi anni e nel 1690 era già pienamente funzionante. Oltre ad ospitare i frati durante la stagione estiva, la struttura era capace di accogliere, separati dalla clausura, anche stranieri per la pratica delle cure balneo-termale.
L’abbandono (1850 – 1875)
L’erosione del mare e fenomeni di bradisismo minarono la struttura, al punto che fu necessario abbandonare definitivamente la struttura dopo numerosi e dispensiosi interventi di consolidamento, nonchè a causa dell’inabissamento del piano terra. Con l’incameramento dei beni ecclesiali (7 luglio 1866), l’ospizio passò prima al demanio nel 1871, poi al Ministro della Marina Mercantile nel 1875 che lo vendette ad un privato per uso di pescicoltura e bagni. Nella pianta del Dubois, realizzata prima del 1910, tale struttura appare come “rovine dell’ospizio dei frati cappuccini”.
La trattoria di Gennaro Polisano (1880 – 1926)
In questo periodo la struttura cominciò ad mostrare la sua vocazione turistico – ricettiva. Nel 1880 il vecchio ospizio divenne una trattoria grazie al gastronomo napoletano Gennaro Polisano , che inventò un piatto denominato “Cannoni all’Amstrong” in onore dello stabilimento Amstrong localizzato sulla ripa puteolana (attuale via Fasano) che poi successivamente prese il nome di “Sofer”. Inoltre il maestro Polisano era anche conosciuto per il suo “ragù Polisano ” che come ingrediente segreto aveva il cioccolato e il famosissimo vino di Marsala o Pantelleria. Lo stabile rimase di sua proprietà fino al 1926.
La rinascita con Vincenzo Maiorano (1926 -1972)
Nel 1926 Vincenzo ‘a mare fu probabilmente il più famoso dei ristoranti puteolani e ancora mantiene alta la nomea, sebbene siano passati quasi cinquant’anni dall’ultima attività. Deve il suo nome a Vincenzo Maiorano, esperto di arte culinaria, che rilevò lo stabile e lo trasformò in un magnifico ristorante. La peculiarità era giustamente divisa tra lo scenario mozzafiato e la bravura degli chef, che fecero conoscere Pozzuoli in tutto il mondo. Vincenzo ‘a mmare divenne il punto di aggregazione più importante per i personaggi più illustri di tutta Pozzuoli e oltre, teatro di tante cerimonie ed eventi, tra tutti si vogliono ricordare i film: “Io, mammeta e Tu” del 1958 con Domenico Mudugno attore e cantante, il film drammatico “Processo alla città” del 1952 con la regia di Luigi Zampa, e il film cult del dopo guerra, “Catene” un melodramma di Amedeo Nazzari e Roberto Murolo, un film che raggiunse un forte successo e divenne il film dal maggior incasso della stagione 1949-1950. Purtroppo fu una storia destinata nuovamente a finire, ancora una volta a causa del bradisismo: nel 1972 Vincenzo chiude i battenti per sempre, perchè la struttura è irrimediabilmente danneggiata.
Il nuovo declino e la fine
Sul finire degli anni ’70, viene raso tutto al suolo e viene commissionata la ricostruzione come struttura polivalente agli architetti Mario Bucchignani e Alfonso Beraglia dietro regolare licenza edilizia del Comune di Pozzuoli (licenza numero 15 del 23 marzo 1983), regolarmente prorogata dall’allora sindaco Nino Ciarleglio il 23 giugno 1986 (protocollo 32366) a favore dell’allora proprietario Antonio Pietropaolo.
Ma la storia non s’ha da fare. La struttura è dichiarata abusiva dal demanio marittimo. La storia si complica e la burocrazia altrettanto, fino a lasciare questa pietosa eredità ai giorni presenti, che , nonostante avvenute delibere e ordinanze di demolizione (al momento ampiamente scadute),
Oggi di Vincenzo a Mare resta solamente un bel ricordo. La struttura ricostruita in cemento non ha nessun legame concreto (ma solo spirituale) con il passato, ed è diventata solo un ostacolo visivo nella nuova linea costiera del lungomare integralmente riqualificato.