Uno dei siti archeologici più misconosciuti dei Campi Flegrei: l’area archeologica del Lago Fusaro
Sito nella chora meridionale dell’antica Cuma, polis fondata dai Greci dell’isola di Eubea (730 a.C. ca.), il Fusaro fu per gli antichi l’Acherusia Palus, la mitica palude infernale, generata dal fiume Acheronte, nome già attestato nel III sec. a.C. nel poema Alessandra di Licofrone di Calcide (vv. 694-709). In età greca, inoltre, e fino agli inizi del I sec. d.C., il lago, secondo Strabone (V, 4, 5), doveva essere un ampio golfo aperto a ovest sul mare, dov’era guadabile. E’ probabile che i Cumani non se ne servissero come approdo della città per la scarsa profondità dei fondali e la sua lontananza dalla città, usando invece a tale scopo l’insenatura a sud dell’acropoli e l’ex lago di Licola a nord. Gli studiosi ipotizzano inoltre che, per le sue acque tranquille, fu utilizzato dagli indigeni, gli Opici/Osci, per coltivarvi mitili, già prima della fondazione di Cuma. Il mitilo, infatti, prodotto marino flegreo, ricorre sempre sul rovescio delle monete cumane.
Negli ultimi anni le sponde del Lago Fusaro sono state oggetto di saggi di scavo che hanno rilevato la presenza di ceramica greca e romana. In età romana lussuose ville di patrizi ed insediamenti rurali popolarono le alture intorno al lago. Sul promontorio di Torregaveta, a sud-ovest del Fusaro, sono i resti della villa marittima di Publius Servilius Vatia, vissuto sotto Augusto e Tiberio, descritta da Seneca (Ep. LV, 2). I resti a terra, scoperti nel XVI secolo e quelli a mare, individuati nel 1995 a seguito di ricerche subacquee, documentano una fase di bradisismo già in atto alla fine del II sec. d.C. Il confronto tra i testi di Strabone e Seneca, che descrive la stretta spiaggia, estesa tra Cuma e la villa, attesta che nei 40 anni circa trascorsi tra la morte di Strabone (20 d.C. ca.) e la visita di Seneca alla villa (60/65 d.C.), si formò la barra dunare, ora più ampia, che separa il lago dal mare.
Sulle prime balze collinari presenti ad est del Lago Fusaro sono ancora oggi alquanto visibili alcune strutture note con il toponimo di “Grotte dell’acqua” ed attribuibili a ciò che resta di un’antica villa romana. Si tratta di almeno due ambienti voltati, dove sgorga acqua termale. Attualmente le antiche vestigia sono semisommerse, a causa dei movimenti della crosta terrestre ascrivibili al bradisismo, ed inglobate in più tarde strutture verosimilmente di epoca borbonica.
Un ultimo accenno alle seguenti vestigia archeologiche di non minore importanza:
1 – Cisterna di età imperiale a valle di via Sella di Baia ascrivibile alla presenza in loco di una villa romana;
2 – Resti di una cisterna nei pressi della sede ferroviaria ascrivibili a un insediamento rustico di età romana;
3 – Strutture romane inglobate in una masseria nei pressi dell’Alenia riferibili ad un’altra villa;
4 – Due rilievi marmorei romani con triremi, parti di un monumento funerario, scoperti presso il Lago;
5 – Mausoleo romano (II sec. d.C.) di via Virgilio, a base quadrata e cupola circolare attibuibile alla gens Grania;
6 – Tombe romane alla cappuccina alla base di via Bellavista;
7 – Sepolture del IV sec. d.C. sempre nella medesima via;
8 – Cosiddetta “Fossa del Castagno”, canale di epoca romana collegabile al progetto della Fossa Neronis. Tale canale avrebbe dovuto avere lo scopo di collegare il Lago Lucrino con il Lago Fusaro e quest’ultimo con il porto di Cuma per poi continuare verso il Lago Patria.
Tutte le vestigia che insieme abbiamo ripercorso brevemente testimoniano la ricchezza archeologica del Lago Fusaro che da solo meriterebbero la realizzazione, quantomeno di un percorso archeologico, non tanto per i flussi turistici, quanto per preservare la identità culturale e storica delle popolazioni ivi stanziate.
(da C. Gialanella, Nova Antiqua Phlegraea con adattamenti)