Ab Urbe condita
Lo storico latino Tito Livio, nella sua monumentale opera intitolata Ab Urbe Condita, nei libri XXI-XXX, narra della seconda guerra punica combattuta tra Rome e Cartagine dal 218 al 202 a.C.
Come molti sapranno, uno degli episodi più importanti di tale guerra fu la battaglia di Canne del 216 a.C.
Dopo Canne, numerose città italiche passarono dalla parte di Annibale poiché egli si presentava come il liberatore dal dominio di Roma. Tra queste città italiche la più importante era Capua. Annibale pose il suo quartier generale proprio a Capua in attesa di aiuti da Cartagine. Ma qui l’esercito cartaginese finì per passare ben cinque anni, dal 216 al 211 a.C.
In questo contesto storico si inquadra l’episodio relativo al santuario di Hamae che è l’argomento principale di questo articolo.
Scrive Livio (XXIII 35) che i capuani cercarono di impadronirsi di Cuma dapprima tentando di convincere i cittadini a ribellarsi ai romani poi, siccome questo non gli riusciva, prepararono un inganno per assoggettare la città. Così i capuani invitarono il senato di Cuma presso il santuario di Hamae per partecipare ad una cerimonia religiosa, sostenendo che tutte le città campane avevano in comune sia i nemici che gli amici. I cumani accettarono per non destare sospetti nei capuani. Infatti Cuma già decise di rimanere fedele a Roma e nel frattempo fu inviata una ambasceria all’esercito romano accampato nei pressi del fiume Volturno. I cumani avvisarono i romani che di lì a tre giorni ci sarebbe stata una cerimonia religiosa ad Hamae in cui sarebbero stati presenti non soltanto il senato di Capua, ma anche l’esercito della lega campana capeggiato da Mario Alfio, il meddix tuticus supremo magistrato della lega campana. Mentre i romani spostavano il campo nei pressi di Cuma, Alfio era invece più intento alla cerimonia religiosa che alle operazioni militari. Livio a questo punto precisa che Hamae era distante da Cuma circa tre miglia.
La cerimonia religiosa durava ormai da tre giorni, quando il comandante romano Gracco decise di attaccare nottetempo, mentre i campani erano stanchi per un sacrificio notturno. I romani fecero strage dei campani che nello scontro persero circa duemila uomini ed il loro stesso meddix tuticus. Questa, per sommi capi, la narrazione dell’agguato di Hamae.
Quel che qui ci interessa è la individuazione del sito del santuario di Hamae per i motivi che spiegheremo.
Il Campanien di Beloch
Livio afferma che Hamae era distante circa tre miglia da Cuma (“…tria milia passuum absunt” XXIII 35, 13). La prima ipotesi di identificazione del santuario di Hamae fu avanzata da Karl Julius Beloch nella sua monumentale opera Campanien. Lo studioso tedesco collega il passo di Livio alla iscrizione catalogata come ILS 4918 nella quale si parla di cerimonie religiose collegate a varie località campane. La tesi di Beloch è quella del collegamento del santuario di Hamae con il culto di Iuno Gaura attestato da varie iscrizioni antiche e della identificazione di Hamae presso Tor Santa Chiara sul lato settentrionale del Monte Barbaro.
Altre ipotesi
Dopo Beloch, a più riprese, altri studiosi come De Sanctis, Nissen, Heurgon, Frederiksen e Castaldi partendo da una errata lettura della iscrizione di Torre di Patria catalogata come NSA 1885 hanno identificato Hamae nella zona di Liternum e più esattamente a Torre S. Severino.
Tuttavia Camodeca nel 2010 ha riletto l’iscrizione di Torre di Patria e sulla base di prove filologiche, ha fatto cadere le ipotesi fatte da questi studiosi.
Scartata la identificazione di Hamae con Torre S. Severino, rimarrebbe in piedi soltanto l’ipotesi di Beloch che come abbiamo spiegato localizza il santuario di Hamae nei pressi del Monte Barbaro.
Hamae e la Tabula Capuana
Secondo Colonna e, in un primo momento Cristofani, il toponimo Hamae sarebbe già presente nella Tabula Capuana risalente alla prima metà del V secolo a.C. e che contiene il più lungo testo conosciuto scritto in lingua etrusca dopo quello della Mummia di Zagabria.
Se mettiamo insieme l’ipotesi fatta dal Beloch circa la localizzazione di Hamae nei pressi del Monte Barbaro e l’ipotesi di Colonna circa la presenza del toponimo Hamae nella Tabula Capuana, allora la conclusione sarebbe che all’epoca in cui fu incisa quest’ultima e cioè nel V sec. a.C., Hamae poteva essere un santuario di frontiera tra l’entroterra campano dominato dagli etruschi e le colonie greche della costa così come era accaduto per i grandi Heraia achei. L’importanza di Hamae si accrebbe durante l’epoca sannitica e l’epoca della cosiddetta lega campana per poi affievolirsi, probabilmente, con la dominazione romana.
Un misterioso articolo
Questa breve trattazione sul mistero del santuario di Hamae non sarebbe completa senza citare un misterioso articolo comparso sul quotidiano Il Mattino il 26 giugno 1969 il cui autore è Fulvio Uliano. Nel testo si parla di un fantomatico magistrato ed archeologo dilettante di nome Domenico Galasso, il quale seguendo il testo di Livio avrebbe scoperto i resti della antica Hamae presso la masseria Varriale nel nord-est di Cuma alle falde di Monterusciello. In particolare il Galasso dichiara di aver trovato alcune tombe che mette in relazione con Hamae, ma senza spiegarne il collegamento. Di più, lo stesso asserisce che la causa del declino del santuario di Hamae in epoca romana fu il Senatus Consultum De bacchanalibus del 186 a. C. che avrebbe vietato alcuni tipi di cerimonie sacre tra cui quelle che si svolgevano ad Hamae. Uliano chiude l’articolo esortando l’allora sovrintendente De Franciscis ad avviare dei saggi di scavo nei terreni di pertinenza di masseria Varriale.
Purtroppo la cosa non deve aver avuto un seguito poiché del fantomatico ritrovamento del santuario di Hamae da parte di Domenico Galasso non si è saputo più nulla, né sulla stampa, né nelle riviste specializzate.
Una provvisoria conclusione
Come già si è affermato, secondo Livio, Hamae distava 3 miglia da Cuma. Se convertiamo tre miglia romane in chilometri, otteniamo 4,44 km circa. Poiché generalmente i santuari antichi venivano costruiti su delle alture, ecco che allora, l’ipotesi a buona ragione più accreditata è quella della collocazione del santuario di Hamae sul Gauro o nei dintorni…. (Monterusciello?).
Addendum 1: l’ipotesi di Marco Giglio
Il presidente del GAN Marco Giglio ha affermato: “ritornando ad Hamae io sono convinto che il santuario sia da collocare nella parte alta di Torre San Severino, in parte dove sorge il Parco Simona. Alla base del parco fu scavata dalla Soprintendenza un’ampia villa di epoca romana, mentre il Gruppo Archeologico Napoletano sta procedendo allo studio dei reperti provenienti dallo scavo dei due mausolei per la pubblicazione di quanto conservato presso la sede.”
Addendum 2: Camodeca e il mistero del santuario di Hamae
Nel 1885 viene ritrovata nei dintorni di Liternum e precisamente in proprietà D’Antona una lastra in marmo bianco, fratta da tutti i lati, salvo a destra contenente una epigrafe che troviamo oggi pubblicata in Eph. Epigr., VIII 455. Dal 2008 la lastra si trova nella sala Liternum del Mus. Arch. Naz. Campi Flegrei nel Castello di Baia.
Il testo della iscrizione è mancante di molte parti e ciò che rimane sono soltanto le seguenti parole:
sacerdos
[…]atris Deum
[…]?amas condidit.
Ciò che più interessa è il secondo rigo la cui prima parola ?amas, fin dal primo editore (Avena) è stata interpretata come Hamas stabilendo un collegamento, per lungo tempo affermato come un dato sicuro, dell’iscrizione liternina con Hamae, località a tre miglia da Cumae, dove, come ricorda Livio per il 215 a.C., era un antico santuario federale dei Campani, per cui si è voluto anche desumere che quel santuario fosse in età imperiale nel territorio di Liternum.
In realtà, secondo il prof. Giuseppe Camodeca, la prima lettera della parola ?amas leggibile dopo la frattura è una L (non la seconda asta di una H, essendo solo apparente la pretesa sbarra mediana della H, che difatti continua anche sulla A e che dunque sarebbe soltanto una graffiatura casuale della superficie marmorea).
Dunque, la parola in esame si deve leggere LAMAS, che va integrato senza dubbio [THA]LAMAS, anche per il verbo condidit da cui è retto. Difatti un’analoga espressione (thalame … condite [per condita] ad opera di un sacerdos del culto) si ritrova per un taurobolium in una iscrizione puteolana, CIL, X 1597, datata al 144. Dunque nell’epigrafe di Liternum, come in quella puteolana CIL, X 1597, si allude al rituale iniziatico del taurobolium svolto evidentemente in un sacello dedicato alla Mater Deum.
Ricordiamo che il taurobolium era, all’interno della religione romana, il sacrificio di un toro, normalmente in relazione al culto della Gran Madre degli Dei (Cibele).
La tesi di Camodeca smonta al di là di ogni ragionevole dubbio la possibilità che l’iscrizione di Liternum possa essere collegata con il santuario di Hamae.
In ogni caso, poiché generalmente i santuari antichi venivano costruiti su delle alture, ecco che allora, l’ipotesi a buona ragione più accreditata è quella della collocazione del santuario di Hamae sul Gauro, nei dintorni di Monterusciello o nella zona di Torre San Severino come hanno asserito vari studiosi dal Beloch in poi.
Manca, tuttavia, al momento qualsiasi prova archeologica…
Bibliografia
Beloch, Campanien
Heurgon, Recherches sur l’histoire, la religion et la civilisation de Capoue préromaine, des origines à la deuxième guerre punique
Rescigno, Senatore, Le città della piana campana tra IV e III sec. a. C.
Cerchiai, L’agguato di Hamae