Sulla sommità di uno dei crateri più alti dei Campi Flegrei conosciuto come Monte Gauro, precisamente sul versante sud denominato Monte Barbaro, si ergono le rovine di una testimonianza rilevante per la storia medioevale puteolana: l’eremo del San Salvatore. Il medioevo nei Campi Flegrei è un capitolo molto importante della storia locale, purtroppo ancora poco conosciuto e in via di una totale obliterazione a causa del minore interesse generale e dell’esiguità dei reperti sopravvissuti sul territorio.
Cenni sul cratere del Gauro e sul Monte Barbaro
Il Monte Barbaro in Pozzuoli è il versante meridionale del Monte Gauro; un edificio vulcanico formatosi circa 10000 anni fa e che si articola in tre vette: Monte Corvara a nord, Monte Sant’Angelo ad ovest e Monte Barbaro a sud, la parte est è formata da una bassa e sottile parete di monte, tagliata in due dal passaggio “Porta Campiglione”, un varco che immette nel cratere del vulcano. Il cratere, di forma quasi circolare e con un diametro di circa 800 mt, è denominato Campiglione e per larga parte ospita un complesso ricreativo dei militari americani (l’area del Carney Park).
La struttura è in tufo giallo campano litificato che per diversi anni è stato estratto dalle cave create ai piedi del Barbaro. Questa vetta, alta circa 336 mt s.l.m., è denominata in tal modo per la sua scarsa fertilità ma è anche conosciuta dai locali col nome “Monte del Salvatore” o “San Salvatore” per l’eremo omonimo situato sulla cima e di cui oggi, purtroppo, non rimangono che rovine.
Se il versante esterno del monte presenta una vegetazione mediterranea spontanea (alcune zone sono completamente brulle soprattutto a causa della presenza delle dismesse cave di tufo) lo stesso non lo si può dire del versante interno che è invece ricoperto da bosco fitto di castagni che offrono dimora ad uccelli rapaci, in particolare al falchetto. Lungo il ciglio, invece, si possono notare piccoli raggruppamenti di roverella.
Sul versante esterno del monte è possibile osservare le caratteristiche vòteche, i terrazzamenti sui quali i contadini coltivavrono fino alla metà del Novecento. A tal proposito si ricordano i famosi vini gauriani, come il Falerno, uno dei più apprezzati in età romana.
L’eremo del San Salvatore
La prima testimonianza documentaria che si riferisce, probabilmente, alla chiesa del San Salvatore sul Monte Barbaro è un documento del 1087. Nel diciassettesimo secolo abbiamo documenti che attestano la presenza di un convento adiacente alla chiesa. Già nei primi decenni del diciannovesimo secolo la struttura risulta in stato di abbandono.
Fin quando la chiesa era funzionante, alla festività del 6 agosto (solennità della Trasfigurazione di Gesù, conosciuta anche come San Salvatore), c’era molto concorso di popolo.
Nel 1982 il rudere, in quanto proprietà privata, rischiò di essere cancellato definitivamente a causa di un tentativo di edificazione. A seguito di denuncia inoltrata da privati, amanti e difensori dei Campi Flegrei, e dell’intervento dei carabinieri per evidenti opere di sbancamento, la commissione edilizia, il 28 ottobre 1985, decretò la sospensione dell’autorizzazione. La struttura tuttavia non ne uscì illesa.
L’opera di Achille Vianelli
Achille Vianelli (Porto Maurizio, 21 dicembre 1803 – Benevento, 2 aprile 1894) è stato un pittore e incisore italiano con cittadinanza francese. Amico di Giacinto Gigante e Anton Sminck van Pitloo partecipò alla scuola di Posillipo. Sono numerose le sue opere legate a Napoli e soprattutto ai Campi Flegrei.
Inedita è una sua veduta (collezione privata) sul golfo di Pozzuoli da lui realizzata presso l’eremo del San Salvatore, esposta per la prima volta in pubblico durante la London Art Week di due anni fa e da noi riportata a conoscenza della comunità flegrea grazie all’individuazione del membro fondatore di archeoFlegrei Cristiano Fiorentino.
L’opera, realizzata presumibilmente dopo il 1830, mostra l’eremo del San Salvatore in avanzato stato di abbandono enfatizzato dalla caratterizzazione romantica del rudere: intonaci distaccati, piante e rampicanti sulle facciate. Sulla scena un pastore con un gruppo di capre al pascolo e la vista mozzafiato sulla parte destra del golfo puteolano verso le isole. Di notevole interesse è la rappresentazione di una bifora, elemento architettonico tipicamente romanico e gotico, oggi andata perduta assieme ai crolli della parte superiore dell’edificio.
Lo stato attuale
Una parte del team di archeoFlegrei si è recato sulla vetta del San Salvatore per constatare e documentare lo status delle rovine dell’eremo ad oggi e soprattutto per verificare la posizione dalla quale è stato dipinto il quadro di Achille Vianelli.
Durante il sopralluogo, in modo del tutto fortuito, è stata rinvenuta una (pericolosissima) voragine naturale profonda più di dieci metri dal diametro di circa due metri che ha richiamato alla mente i miti e le leggende ambientati su questa altura vulcanica.
L’eremo, nonostante l’incendio di agosto 2017, è ancora invaso dalla vegetazione mentre l’esterno è stato completamente arso e ciò ci ha permesso di scoprire altre strutture menzionate nei documenti come una cisterna.
Di alcuni ambienti è stato possibile ancora riconoscere tracce delle imposte di volte e degli archi. Inglobati nella struttura sono presenti inoltre numerosi materiali di risulta pertinenti a strutture romane, sicuramente prelevati nei ricchi dintorni durante la fase di edificazione dell’eremo.