Il cosiddetto Sarcofago di Prometeo, assieme a numerosi altri, tornò in luce nel 1817, presso l’attuale Via Vecchia San Gennaro a Pozzuoli, nelle adiacenze della Piscina Cardito e del Foro Transitorio, nel settore nord-orientale di Puteoli, quello con ogni probabilità corrispondente alla Regio Portae Triumphails. La struttura funeraria oggi non è più visibile. Alta 5 metri, aveva una camera funeraria pressoché quadrata ( metri 4,50×4,80), accessibile attraverso una porta che fu di marmo pario. La volta era mosaicata, le pareti rivestite di marmi e, nel pavimento, era inserito l’emblema con divinità delle acque ora al Museo di Napoli. Il complesso fu, purtroppo, smembrato e disperso.
Un pregiato pezzo di marmorari romani
Ecco il pregevole sarcofago detto di Prometeo, scolpito da un’officina di Roma nei primissimi anni del IV secolo d. C., quando iniziò la grande persecuzione anticristiana voluta da Diocleziano. Si trova al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e fu scelto come ultima, fredda dimora, dal senatore puteolano che pose il sepolcro di famiglia nei pressi della Piscina Cardito. E’ una vigorosa affermazione di paganesimo: nell’affollata composizione che non lascia alcun vuoto, si accalcano divinità di ogni rango (Giove, Giunone, Mercurio, Nettuno, Eros, Psiche, l’officina di Vulcano ed una rappresentazione degli Inferi) attorno al protagonista, il titano Prometeo che ha appena plasmato il primo uomo, ancora inerte e giacente al suolo.
Il Titano Assorto
Da quando Gallieno aveva precluso ai senatori il comando delle legioni, i membri del supremo consesso dovettero cercare, per i loro sarcofagi, altri temi ornamentali che ne celebrassero la gloria, il potere e la cultura. Questo dettaglio del sarcofago di Prometeo mostra il titano assorto, seduto al capo del primo uomo appena plasmato, nel quale non è stata ancora infusa la vita, l’anima. E l’anima, la Psiche visibile nella precedente immagine, in quel corpo non vuole entrare con piacere, benché la spingano, forzandola, Eros ed un Amorino. Il destino dell’uomo, l’afflato divino dell’anima, la prigione corporea fatta di caducità, riportano ai neoplatonici, a Porfirio e, soprattutto al grande Plotino che fu intimo dell’imperatore Gallieno e, come un faro, indirizzò le credenze e la cultura di molti esponenti dell’élite senatoriale, tra i quali anche il nostro puteolano.